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Non è cosa consueta entrare in una casa circondariale e suonare di fronte a circa cinquanta detenuti. Non è consueto, e tantomeno facile, stare tra le sbarre a parlar d’amore guardando negli occhi chi nella sua vita ha avuto una serie di inciampi e il cuore lo tiene in cantina, cercando una sopravvivenza emotiva quotidianamente. Eppure è successo e la sfida era proprio quella.

Portare uno spettacolo scritto, narrato e cantato insieme a Carlo Valente, cantautore reatino dal talento purissimo, in carcere. Smuovere atri e ventricoli, più di quanto si possa fare di fronte a chi l’amore lo tiene in esercizio, ogni giorno, fuori da una gabbia.

Cardiologia è un progetto covato da tempo e fatto sbocciare, come un fiore, in primavera, dopo la lunga pausa forzata del Covid e lasciato esplodere in estate, sotto il caldo feroce di luglio. Prende il nome da un bellissimo brano di Francesco De Gregori ed è uno spettacolo che si snoda come un vero e proprio ping pong di parole e canzoni tra i due protagonisti, uno storytelling incentrato sulle dinamiche amorose di ciascuno di noi, visto dall’angolazione musicale, raccontato e cantato, correndo al galoppo dal “Cielo in una stanza” di Paoli, caposaldo e manifesto della canzone d’amore per antonomasia, ad oggi. Un viaggio attraverso le canzoni d’amore più significative del nostro canzoniere italiano per capire: cosa è successo in 60 anni? Di cosa parliamo quando cantiamo d’amore? Che raccontano le canzoni? Cosa ci dicono delle nostre relazioni? Quanto è cambiato e come?

Di tutte le date fatte in teatri, bistrot, palazzi antichi, questa, nella casa circondariale di Bari, resterà per noi, la più sentita. Voce e chitarra, senza amplificazione per Carlo, che ha cantato con una intensità tale da raggiungere tutti e cinquanta gli astanti, in un lungo corridoio, circondato da sbarre, attenti, incantati, seduti ognuno sul proprio sgabello, pronti a ricevere una sorta di visita di cortesia, aperti a raccogliere da questa strana finestra, note, racconti, emozioni. Un leggio, un microfono e una voce per me, che dei racconti ho dovuto fare scrematura, a volte al volo, centellinando le parole, setacciando i vocaboli, asciugando il racconto per non creare alcun calo di attenzione. Il repertorio, anch’esso variato, rispetto alla scaletta solita, ha avuto salti di quota e brividi, in particolare su Passione, cantata da Carlo in maniera commovente e seguita da un coro intonato dai detenuti. Applausi a scena aperta sul finale, mentre con una forza pari a quella del pezzo presentato, ricordavo a tutti quanto Amarsi un po’ aiuti a non morire.

In prima fila, le insostituibili professoresse Taccogna e Sparacimino e la nostra Dirigente, Prof. Laura Redavid, che ringraziamo per questa occasione. Negli occhi, i nostri, i volti di chi ha chiesto il permesso agli agenti per stringerci le mani al termine, gli occhi di chi ha nascosto le lacrime, le voci di chi ha voluto dire la sua. Sotto i nostri piedi, un palchetto improvvisato, rivestito da un finto prato verde, come a Sanremo, ma senza fiori. Tra le mani, la possibilità di portare a termine una missione, lasciando che quel fiore sbocciato in primavera continuasse a lasciare tracce, ovunque, persino là, tra le sbarre, e su quel praterello verde. Confermando il verbo sempre vivo: per fare tutto, ci vuole un fiore.

[La prof.ssa Laura Rizzo è docente di Lettere presso la sede “Verga”]

Immagine: Locandina dell'evento 

LOCANDINA EVENTO CARDIOLOGIA

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